Allevamenti causa di smog, per il Wwf non c'entrano ma per Greenpeace sì: vi spieghiamo perché
Una precisazione che ci fa capire la complessità dell'inquinamento atmosferico, problematica su cui agiscono svariate componenti, ciascuna con la propria parte di colpe
Quando si cerca di capire le cause principali dell'inquinamento atmosferico, trovare una risposta univoca è quasi impossibile. In questo "gioco di colpe", infatti, ci sono tantissimi elementi che prendono parte al rilascio di agenti inquinanti nell'aria: dai mezzi motorizzati al riscaldamento di abitazioni ed edifici, dalle industrie e centrali termoelettriche alle stufe e camini a legna. In questo grande "calderone", tuttavia, non sono esenti da responsabilità anche gli allevamenti intensivi.
Per quanto ieri vi avevamo raccontato del parere del Wwf di Mantova, secondo cui tra le ragioni dei recenti altissimi tassi di smog in Pianura Padana le attività delle stalle avrebbero un impatto ridotto, oggi ritorniamo su questo tema riportandovi un secondo punto di vista e cioè quello di Greenpeace. Quest'altra organizzazione ambientalista, infatti, nel parlare dell'inquinamento atmosferico di questo inizio 2024, ha spostato l'attenzione dal particolato Pm 10 a quello Pm 2.5, su cui, appunto, giocherebbe un ruolo decisivo l'azione degli allevamenti intensivi.
Greenpeace: "Allevamenti responsabili dell'inquinamento da Pm 2.5"
Tra gli agenti inquinanti dell'aria, oltre agli ossidi di azoto, ci sono le polveri sottili Pm 10 e Pm 2.5. Si tratta del cosiddetto particolato fine (Particulate Matter PM), costituito da particelle solide e liquide che tendono a rimanere sospese in aria. La differenza tra le due è relativa al diametro aerodinamico: nel primo caso è inferiore o uguale ai 10 μm (millesimi di millimetro), nel secondo a 2.5 μm.
In Pianura Padana, fanno notare gli esponenti di Greenpeace, le Pm 10 hanno avuto una media di 100 μm/m3 in questi ultimi giorni, superando di gran lunga la soglia limite che si attesta a metà (cioè 50 μm/m3). Ma le polveri sottili Pm 2.5 sono risultate pari a 76 μm/m3, tasso superiore al valore giornaliero di 5 microgrammi al metro cubo e di 15 su un periodo di 3-4 giorni indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità.
"È indubbio che la Pianura Padana si trovi in una posizione geografica sfavorevole – chiusa per tre lati da Alpi e Appennini – per cui risente di ventilazione e circolazione dell’aria piuttosto scarse - affermano gli ambientalisti di Greenpeace - L’alta pressione favorisce inoltre l’accumulo degli inquinanti e l’alta densità di popolazione e vetture contribuisce a innalzare i livelli di smog (senza contare le abitazioni e relative emissioni per il riscaldamento). Ma non possiamo ignorare il peso che in tutto questo hanno gli allevamenti intensivi, che, insieme al riscaldamento, sono tra i principali responsabili dell’aumento dei livelli di inquinamento da PM2,5".
Sia le Pm 10, sia le Pm 2.5 risultano particolarmente dannose per il sistema respiratorio umano, ma a differenza delle prime, capaci di intaccare la trachea e le vie respiratorie superiori, le seconde, data la loro dimensione estremamente ridotta, riescono ad andare più in profondità raggiungendo anche gli alveoli polmonari.
La domanda sorge spontanea: da cosa viene scaturita questa tipologia di polveri sottili?
A tal proposito Greenpeace riporta un suo studio realizzato in collaborazione con ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) che indaga i settori che hanno maggiormente contribuito all’inquinamento da PM in Italia.
Nel 2018 i settori più inquinanti sono risultati essere il riscaldamento residenziale e commerciale (36,9%) e gli allevamenti (16,6%): dati alla mano, insieme questi due settori sono la causa di quasi il 54% del PM2,5 nazionale. Seguono i trasporti stradali (con il 14%) e le emissioni dell’industria (10%).
"L’ammoniaca prodotta dagli allevamenti intensivi - aggiungono gli esponenti di Greenpeace - costituisce la seconda causa di formazione di polveri sottili – PM2.5 – che in Italia causano ogni anno circa 50mila morti premature".
Questa precisazione è importante da sottolineare perché ci fa capire la complessità dell'inquinamento atmosferico. Una problematica quest'ultima sulla quale agiscono svariate componenti, frutto dell'azione dell'uomo, ciascuna con la sua specifica parte di colpe.
Se per quanto riguarda le Pm 10, come riferito dal Wwf Mantova, gli allevamenti intensivi e le stalle (la cui concentrazione è molto alta nella Pianura Padana e nelle campagne di Mantova) hanno un impatto ridotto rispetto ad altri fattori, per quanto concerne le polveri sottili Pm 2.5 non si può affermare la stessa cosa.
Sulla primo aspetto, Simone Massari, esponente del Wwf Mantova, intervistato dalla Tgr Lombardia, ha richiamato l'aria pulita durante il lockdown per Covid-19, quando l'attività delle stalle non si fermò al contrario di traffico e industrie:
"Per cui si presume che le produzioni agro-zootecniche che qui sono così importanti non diano un contributo così significativo alle produzioni di polveri sottili e ossidi di azoto. Se penso che Mantova da sola genera il 6% della produzione energetica nazionale proprio da questi impianti, è chiaro che abbiano delle emissioni importanti".
Detto ciò, l'associazione ambientalista non intende affermare che gli allevamenti intensivi e le stalle non abbiano alcun impatto sulla qualità dell'aria, ma anzi che il problema sia più strutturale e riguardi da vicino i combustibili fossili:
"Bisogna cambiare stili di vita, nei trasporti, nei riscaldamenti, in agricoltura. E dobbiamo cominciare da subito, in modo radicale. E’ giunto il momento di avviare finalmente una seria transizione ecologica ed energetica che, tenendo conto delle molteplici evidenze scientifiche, ponga al primo posto la salute dell’ambiente e delle persone, aspetti profondamente correlati e indispensabili anche perché vi possa essere un reale beneficio sociale ed economico".