IL CASO

Tre arresti per estorsione in Veneto, in manette anche un mantovano VIDEO

Accusati di danneggiamento seguito da incendio, estorsione, minacce e tentata estorsione.

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Nelle prime ore del mattino i Carabinieri della Compagnia di Peschiera del Garda hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre soggetti pregiudicati, due dei quali di origine calabrese residenti nel veronese, ritenuti responsabili di estorsioni aggravate, tentate e consumate in concorso e in più occasioni, nel periodo luglio 2018 – marzo 2020.

L’attività investigativa

Come riportato da Prima di Tutto Verona, nel mese di novembre 2019, i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Peschiera Del Garda, coadiuvati dai colleghi della Stazione CC di Lazise, hanno avviato un’attività investigativa sul conto di quattro pregiudicati italiani residenti nelle province di Verona e Mantova, in quanto fortemente sospettati di essere i responsabili di diversi reati commessi in concorso tra loro e in più occasioni a partire dall’estate del 2018, più precisamente, di danneggiamento seguito da incendio, estorsione, minacce e tentata estorsione nei confronti di un imprenditore edile e di uno che opera nel settore turistico, titolari di imprese con sedi a Lazise e a San Giorgio in Salici (VR). In particolare l’imprenditore edile, nel mese di luglio 2018, rimaneva vittima dell’incendio doloso di un mezzo pesante della sua azienda, il cui danno veniva quantificato in 30.000 euro; successivamente veniva indotto da due degli odierni indagati (G. V. e G. M., zio e nipote di origini calabresi) a consegnare loro la somma di euro 20.000, affinché intercedessero nei confronti dei presunti responsabili dell’incendio del mezzo, al fine di scongiurare ulteriori azioni della stessa indole.

L’incendio doloso

L’imprenditore turistico, invece, nel mese di ottobre 2018, rimaneva vittima di un incendio doloso di una casa mobile e del danneggiamento di altrettante cinque, collocate all’interno di un campeggio di Lazise di cui è titolare. Il successivo mese di novembre, subiva un ulteriore danneggiamento di una casetta mobile, episodio a cui seguivano per diversi mesi e sino ad epoca recente, ripetute minacce telefoniche dal tenore molto acceso. In considerazione dell’evidente timore delle vittime per i fatti già denunciati e le reiterate e perduranti intimidazioni subite, veniva avviata l’attività di indagine in argomento nel corso della quale i militari operanti, rassicurando costantemente le vittime ed offrendo loro la massima disponibilità e vicinanza, riuscivano a riscuotere dalle stesse una incondizionata fiducia di cui ne beneficiava l’attività investigativa, consentendo la rapida individuazione degli elementi probatori a carico degli indagati. Le indagini, da subito, venivano indirizzate sul conto di due soggetti di origine calabrese, G. V. classe 1947, residente a San Pietro in Cariano, pregiudicato, e G. M. classe 1974, residente a Sona, rispettivamente zio e nipote. Nel corso delle investigazioni, sono stati acquisiti elementi chiari ed inequivocabili a loro carico in relazione alla estorsione della somma di euro 20.000 in danno dell’imprenditore edile, affinché questi non avesse più “problemi” come l’incendio del camion; con riferimento a quest’ultimo atto intimidatorio, è stata accertata la responsabilità dei due parenti calabresi sebbene gli stessi tentassero di attribuirla a fantomatiche terze “persone pericolose” le quali, come da questi ultimi più volte ribadito all’imprenditore, ricevuto il danaro consegnato e grazie al loro interessamento e protezione, non gli avrebbero più dato fastidio.

Telefonate anonime e minacciose

L’attività investigativa svolta consentiva, inoltre, di attribuire agli indagati la responsabilità delle telefonate anonime a minacciose ricevute dall’imprenditore turistico con il chiaro tentativo di estorcergli danaro utilizzando il medesimo modus operandi già adoperato con l’imprenditore edile. In particolare, quest’ultimo, in più occasioni veniva sollecitato dagli indagati ad organizzare un incontro con l’altro imprenditore (di cui è cognato) affinché questi, tramite la loro intercessione con gli autori degli incendi appiccati alle case mobili della sua struttura ricettiva (ma di fatto opera degli stessi indagati), non avesse più problemi e godesse della loro protezione, circostanza che tuttavia non si verificava poiché l’imprenditore turistico si rifiutava tassativamente di incontrarli. In tale contesto emergeva il coinvolgimento di un altro soggetto di origine veronese, T.A., classe 1968, esecutore materiale delle telefonate minatorie effettuate con cellulari ed utenze non collegabili direttamente a lui e ai complici, utilizzate esclusivamente a tale scopo.

Coinvolto anche un mantovano

Nel corso dell’indagine si registrava il coinvolgimento di un ulteriore soggetto residente nella provincia di Mantova, M.S. classe 1971, pregiudicato, anch’egli indagato per avere in concorso con G.M. danneggiato l’autocarro di proprietà di un altro imprenditore della zona, mediante incendio dello stesso, quale vendetta del calabrese in relazione ad un lavoro da quest’ultimo eseguito e non interamente retribuito. Sul suo conto non sono stati presi provvedimenti restrittivi ma è stato rinviato a giudizio. Messi a sistema tutti gli elementi raccolti, i Carabinieri hanno riscontrato il collegamento tra le condotte di tutti gli indagati, i quali, non scoraggiati dalla resistenza dell’imprenditore turistico, persistevano nel fargli giungere le loro minacce sia telefonicamente, come sopra evidenziato, o indirettamente per il tramite del cognato taglieggiato, al fine di indurlo al pagamento di somme di denaro che poi avrebbero diviso tra loro, in base al ruolo svolto per portare a termine l’azione delittuosa.

Rinviato a giudizio il mantovano

A conclusione dell’attività investigativa, l’A.G. di Verona, concordando sugli elementi raccolti dai militari operanti a carico degli indagati, emetteva ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere a carico dei due calabresi G.V. e G.M. e del veronese T.A., mentre il mantovano M.S. veniva rinviato a giudizio. Alle prime luci dell’alba di mercoledì 6 maggio 2020, i Carabinieri del N.O.R. di Peschiera del Garda e della Stazione di Lazise, con il concorso dei Comandi territorialmente competenti hanno dato esecuzione alle ordinanze di custodia cautelare in carcere traendo in arresto i tre indagati sopra indicati. Tutti gli arrestati, dopo le formalità di rito, sono stati associati presso la Casa Circondariale di Vicenza a disposizione della competente A.G.

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