Medici contagiati e abbandonati, errori da non rifare durante la "fase 2"
Rocco Imerti, segretario regionale dei medici italiani, racconta casi assurdi.
«All’inizio non c’è stato coordinamento e anche nelle fasi più critiche dell’emergenza i medici di base sono stati lasciati soli. Abbandonati anche quando erano stati contagiati, privi della possibilità di effettuare il tampone, anche per la tutela dei loro stessi pazienti». Non ha dubbi Rocco Imerti, segretario organizzativo regionale del sindacato medici italiani (che segue tutti i professionisti del territorio, dagli ospedalieri ai medici di medicina generale) su quello che non ha funzionato. A raccontarlo sono i colleghi di Prima Monza.
Le criticità nella fase acuta
«Noi abbiamo adottato fin da subito il contatto a distanza da remoto con gli assistiti, limitando gli accessi in ambulatorio ai casi davvero non evitabili. Ma i dispositivi di protezione sono arrivati tardivamente e spesso non erano idonei e questo ha reso pressochè impossibile visitare in sicurezza», aggiunge.
Il 20 febbraio 2020 è partita l’epidemia. «Il 22 febbraio ci siamo riuniti con urgenza e abbiamo mandato delle lettere in Regione per adottare “misure straordinarie” anticipando di fatto il lockdown di marzo – ha ribadito Imerti – Questo ci ha permesso di ridurre il contagio dei pazienti anche in aree molto colpite. I nostri medici iscritti hanno avuto casi più limitati di malattia. Insomma, abbiamo intuito l’emergenza e anticipato i tempi. Ma siamo stati lasciati soli».
Secondo Imerti, che ha raccolto anche le testimonianze di tanti colleghi brianzoli, il problema è che è mancato il coordinamento con la struttura pubblica. E a quel punto lo spaesamento si è ripercosso sui pazienti.
Mancato il coordinamento
Ogni medico di base infatti ha iniziato a fare diversamente, chi chiudendo lo studio, chi ricevendo solo per telefono, chi continuando a visitare (alcuni pagando la scelta con la vita). «Ci avevano garantito presidi che non sono arrivati. Per dirvi la tempistica ci hanno risposto che arriveranno giovedì». Quanto agli Usca, le unità sul territorio, secondo il professionista, «sicuramente possono essere un’arma importante, ma non gestite così».
«Hanno preso medici dalla continuità assistenziale, con poca preparazione, neolaureati, li hanno mandati letteralmente allo sbaraglio e con mezzi non idonei e con necessità di spogliarsi sui pianerottoli o in strada – ha continuato – Il numero non è sufficiente, per tutta Milano ad esempio ci sono sei operatori, con difficoltà di trasferimento. E in generale anche i tempi di risposta di Ats sono lunghi, quando ormai non serve più».
Qualche esempio? Ce ne sono molti che Imerti ha raccolto. «L’unità a volte è intervenuta dopo una settimana. Ma ci sono medici che si sono visti rispondere dall’Ats quando ormai il paziente era guarito, in ospedale o addirittura morto. Questo è un caso limite, ma dà il senso delle tempistiche di risposta».
Nessun tampone
Anche i medici hanno iniziato a essere sottoposti a tampone solo nei giorni scorsi. «I medici non sono stati sottoposti a screening quando era fondamentale anche per limitare il contagio. Anche i test sierologici possono dare valenza di indagine statistica, ma non servono per ridurre l’epidemia perché uno potrebbe avere gli anticorpi ed essere ancora contagioso. Finchè i tamponi ai medici di medicina generale non si fanno, il problema resta. Era una misura da fare da subito. Anche gli ambulatori potevano essere luogo di contagio non lo sono diventati perché noi abbiamo attuato misure drastiche». Questo vale per tutti gli operatori sanitari. «L’unica arma era di lasciare a casa le persone ai minimi sintomi con periodi di malattia lunga in autotutela e dove possibile è stato fatto, altrimenti i morti sarebbero stati anche di più».
La fase 2
E quindi come evitare di ripetere gli errori per la fase 2? Delusione è arrivata anche dal discorso di Conte di domenica sera. «Il presidente del Consiglio non ha toccato il discorso sanitario, vuol dire che lasceranno mano libera alle Regioni che seguono l’indirizzo che si sono date e questo è anche meglio. Se parliamo di Regione Lombardia e Ats Brianza, l’indirizzo è di “scavalcare” i medici di medicina generale con cui i pazienti hanno però un rapporto di fiducia gestendo con le cooperative i casi, come fatto con le gestioni dei cronici».
Ma il ruolo dei medici di medicina generale sarà fondamentale. «La Regione deve coinvolgerci, ma attivamente, fidandosi del nostro ruolo di cura e prevenzione – ha chiosato – Non è stata fatta una giusta politica di igiene pubblica. Ora i politici devono ascoltare i medici, coloro che lavorano sul campo. Vi faccio un esempio: i pazienti a rischio o con sintomi sospetti, ho cercato di dotarli di saturimetro, in Internet lo si trova a 20 euro. Così si capisce quando è il momento di andare in ospedale. Andrebbe esteso a tutti come precauzione».