Le mani della ndrangheta sul sisma: quattro in carcere, cinque ai domicilari
Le indagini incentrate sul nipote di un boss cutrese che ha operato a Borgo Mantovano, Magnacavallo, Poggio Rusco e Sermide e Felonica
Quattro in carcere e cinque ai domiciliari per l'indagine sulla ndrangheta nella ricostruzione post sisma a Mantova. Maxi operazione. Al centro il nipote di un boss calabrese che è stato responsabile tecnico a Borgo Mantovano, Magnacavallo, Poggio Rusco e Sermide e Felonica.
Maxi operazione contro la cosca Dragone
Si è svolta nella notte tra lunedì 9 e martedì 10 gennaio 2022 una vasta operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Mantova che, all’esito di un’indagine, ribattezzata "Sisma", diretta e coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Brescia, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Brescia e a decine di perquisizioni presso abitazioni e studi tecnici.
Nipote del boss tecnico istruttore nel Basso Mantovano
Con la precedente indagine “Pesci”, i carabinieri di Mantova e la DDA di Brescia avevano rilevato gli interessi della cosca Grande Aracri nell’area mantovana-reggiana, addivenendo a numerosi arresti e condanne.
Ora invece con l’indagine "Sisma" viene prospettata in chiave accusatoria la rinnovata influenza, nella stessa area, della cosca Dragone, cui alcuni dei principali gli indagati sarebbero imparentati.
Al centro dell’indagine il nipote di uno storico boss cutrese, pubblico ufficiale con la carica di tecnico istruttore presso i comuni compresi nel cosiddetto “cratere sismico” della provincia di Mantova e in particolari nei comuni di Borgo Mantovano, Magnacavallo, Poggio Rusco e Sermide e Felonica, con compiti istruttori, di verifica, di rendicontazione e di autorizzazione ai pagamenti dei contributi a fondo perduto stanziati da Regione Lombardia per gli immobili danneggiati dal terremoto del 2012.
Collaudato schema criminoso
Le diverse figure professionali, così come i beneficiari dei finanziamenti, si sarebbero interfacciati con il citato tecnico istruttore secondo un collaudato schema criminoso, consistente nella corresponsione di indebite somme (in genere pari a circa il 3% del contributo elargito) per garantirsi la trattazione della propria pratica in violazione dell’ordine cronologico e con aumenti - talora indebiti- dell’importo del contributo pubblico a fondo perduto (in un caso attestatosi a 950mila euro anziché 595mila come originariamente stabilito).
Contributi solo se lavorava l'azienda della cosca
Le contestate ipotesi di concussione prevedevano che il contributo pubblico venisse elargito ai richiedenti solo a condizione che costoro affidassero i lavori di ricostruzione a delle società facenti capo al citato tecnico istruttore e al padre di questi.
Le indagini avrebbero messo in evidenza che tali società, che di fatto sarebbero state gestite dal padre del pubblico ufficiale, erano intestate a prestanomi per evitare il diniego di iscrizione nella white list della Prefettura.
Colletti bianchi in carcere e ai domiciliari
In tutto nove i soggetti indagati raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare (uno ancora attivamente ricercato), di cui quattro in carcere e cinque agli arresti domiciliari, fra cui architetti e ingegneri, imprenditori e soggetti del sistema bancario, ritenuti responsabili a vario titolo, secondo l’impostazione accusatoria accolta dal gip (fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa) di “concussione, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, intestazione fittizia di società”, aggravati dalle finalità mafiose, per aver agevolato la cosca ‘ndranghetistica Dragone di Cutro (KR).
Intercettazioni, pedinamenti, esame documenti
Gli approfondimenti investigativi, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia e condotti dai Carabinieri di Mantova sono stati resi possibili da prolungate attività tecniche d’intercettazione, anche con captatore informatico, dai servizi di osservazione e pedinamento e dalla disamina della documentazione amministrativa relativa alle pratiche di finanziamento pubblico.
Sequestri per due milioni di euro
A carico degli indagati è stato disposto anche il sequestro delle società fittiziamente intestate, delle provviste bancarie e di beni mobili e immobili per un valore di circa due milioni di euro, costituenti il ritenuto prezzo e il profitto dei reati contestati.
Indagini anche della Finanza
Nel medesimo contesto, la Guardia di Finanza di Mantova, delegata a riscontrare condotte di natura penal-tributaria, con particolare riferimento all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, ha concorso con i Carabinieri nell’esecuzione di perquisizioni a carico di alcuni degli odierni indagati.