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Covid, 7 varianti virali già nella prima fase della pandemia

Tre di queste varianti hanno subìto una amplificazione tale da consentire la presenza di importanti cluster locali di trasmissione.

Covid, 7 varianti virali già nella prima fase della pandemia
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I ricercatori dell’Università Statale di Milano, insieme con i colleghi del Policlinico San Matteo di Pavia e dell’Ospedale Niguarda di Milano, hanno indagato la variabilità di SARS-CoV-2 attraverso una mappatura del virus circolante in Lombardia già dai primi mesi dell’epidemia.

7 varianti virali

Come riporta Prima Pavia, la ricerca, sostenuta da Fondazione Cariplo e appena pubblicata su Nature Communications, ha permesso il sequenziamento completo di 346 genomi collezionati in tutto il territorio lombardo tra febbraio e aprile 2020. I ricercatori hanno evidenziato la presenza massiccia di ben 7 varianti virali, alcune di queste selezionatesi probabilmente all’interno della stessa regione ed altre introdotte da territori dislocati geograficamente in un intervallo temporale ridotto.

Tre varianti su 7 hanno subito una amplificazione tale da consentire la presenza di importanti cluster locali di trasmissione la cui origine risalirebbe ai primi giorni di febbraio. Ciò indica che SARS-CoV-2 circolasse in modo silente in tutto il territorio lombardo già un mese prima del caso diagnosticato in provincia di Lodi.

Due sub-epidemie

Grazie ad un approccio filogeografico, la circolazione dei diversi lignaggi si è inoltre mostrata fortemente legata al territorio. Ciò ha portato alla identificazione di almeno due sub-epidemie sostenute da varianti differenti, una preponderante nel sud della Lombardia, con le province di Lodi e Cremona investite maggiormente, e l’altra diffusasi principalmente nel nord della Lombardia, con Bergamo e i suoi territori adiacenti (es. Alzano e Nembro) maggiormente colpiti.

Il lavoro, a cui la Statale ha contribuito con il team di Claudia Alteri, docente del dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia, sottolinea l’importanza e la necessità di una sorveglianza epidemiologica continua dei genomi circolanti nel territorio, che possa individuare nell’immediato la selezione e la circolazione di nuove mutazioni, ponendone un freno alla diffusione.

Clicca qui per lo studio completo pubblicato sulla rivista Nature Communications.

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