L'Asl di Mantova non risponde, 51enne con sclerosi multipla deve ricorrere al suicidio assistito in Svizzera
Nonostante Ines fosse idonea per accedere al servizio, dall'azienda sanitaria non è mai arrivata la relazione finale necessaria per procedere
Supportata dai legali coordinati dall'avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'Associazione Luca Coscioni, la 51enne ha inoltrato due diffide all'Asl ma non sono servite a nulla ed è dovuta morire lontano da casa.
Suicidio assistito, troppo lunghi i tempi dell'Asl di Mantova
Ines (nome di fantasia) aveva 51 anni e da più di venti anni soffriva di sclerosi multipla. La malattia era diventata lancinante, il suo corpo non rispondeva più a nessun comando e conviveva tutti i giorni con dei dolori insopportabili. Per questo, ha deciso di ricorrere al suicidio assistito mettendo fine a tutte le sue sofferenze. Ma ha dovuto farlo lontano da casa, in Svizzera, troppo lunghi i tempi dell’Asl di Mantova a cui si era rivolta. A raccontare la vicenda è stata l’Associazione Luca Coscioni, da sempre in prima linea per il fine vita, che ci ha confermato di quale azienda sanitaria si trattasse.
La 51enne aveva inoltrato la sua richiesta all'Asl di Mantova ancora lo scorso maggio soddisfacendo tutti i requisiti previsti dalla sentenza della Corte costituzionale. Il suicidio medicalmente assistito è infatti legale in Italia dal 2019 per certe situazioni, compresa quella di Ines, grazie alla sentenza 242 della Consulta sul caso Cappato-Antoniani. Tuttavia, la lentezza burocratica e l'assenza di tempi certi hanno costretto la donna a cercare aiuto all'estero.
Ines morta in Svizzera, soffriva di sclerosi multipla
Nonostante due visite della commissione medica dell'Asl avessero garantito a Ines la possibilità di accedere al servizio, la relazione finale con il parere del Comitato Etico non è mai arrivata lasciandola in un limbo burocratico. Nel frattempo, la sclerosi multipla progrediva provocando alla paziente sempre più dolori. Il suo unico sogno era morire tranquilla senza più soffrire e non ha potuto farlo nel suo paese.
Prima di andare all’estero, la 51enne aveva fatto arrivare all’azienda sanitaria una prima diffida legale, ma la valutazione necessaria per procedere non è stata comunque fornita. È in quel momento che ha deciso di recarsi in Svizzera dove le procedure per il suicidio assistito sono più rapide.
Le diffide all'Asl di Mantova e le mancate risposte
Nel frattempo, supportata dai legali coordinati dall'avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'Associazione Luca Coscioni, ha inoltrato una seconda diffida citando la recente sentenza della Corte costituzionale (n. 135/2024) che obbliga il Servizio sanitario a intervenire prontamente. La risposta dell'Asl di Mantova, arrivata solo una settimana prima del decesso di Ines in Svizzera, ha ulteriormente procrastinato la decisione.
Secondo quanto riportato dai legali della donna, l’azienda sanitaria si è giustificata affermando che la relazione medica era stata inviata al Comitato Etico e che doveva ancora arrivare una risposta. L'Asl non è stata in grado di fornire una data certa per la conclusione del processo e nel frattempo Ines continuava a soffrire.
Cappato: "Non devono più ripetersi storie come quella di Ines"
La sua storia è diventata l’ennesimo simbolo di una battaglia che continua da anni, perché se una persona ha i requisiti per accedere al suicidio assistito nel suo paese è costretta a morire in un altro stato? La lentezza burocratica italiana ha spinto un’altra donna ad andare in Svizzera e scoppia la polemica con l’Associazione Luca Coscioni intenzionata a mettere fine a quella che definisce una vera e propria ingiustizia.
"Non devono più ripetersi storie come quella di Ines. Una persona che aveva diritto a essere aiutata a terminare la propria vita in Italia - afferma l’attivista e tesoriere dell’Associazione Marco Cappato - nel pieno rispetto della legge, si è vista costretta a morire in un altro Paese. Chiediamo a tutte le Regioni italiane di approvare la nostra legge regionale Liberi Subito, per definire tempi e procedure certe e impedire che a sofferenze insopportabili si aggiungano i danni dell’accanimento burocratico”.
Per casi come quello di Ines, l’Associazione Luca Coscioni ha promosso la campagna nazionale e e raccolta firme “Liberi Subito" ottenendo una grande riscontro. L’obiettivo? Garantire tempi certi e adeguati per il percorso di richiesta del suicidio medicalmente assistito per permettere a tutti coloro che ne hanno diritto di accedere al servizio mettendo fine alle sofferenze nel proprio paese.