Mantova torna a interrogarsi sul rapporto tra disagio, violenza e salute mentale. Al teatro Bibiena, gremito per l’occasione, si è chiuso il Festival della Salute Mentale promosso da Asst Mantova insieme al Comune e al Gruppo di psicoanalisi operativa. Il dibattito, che ha riunito esperti, educatori e istituzioni, ha messo al centro un tema sempre più urgente: la violenza come linguaggio del malessere, soprattutto fra i più giovani.
Giovani: Mantova fa rete per fermare la “normalità” della violenza
“Il disagio psicologico non va criminalizzato, ma compreso e intercettato prima che degeneri”, ha affermato il questore di Mantova, Annarita Santantonio, sottolineando la necessità di un approccio basato sulla prevenzione più che sulla repressione. Una linea condivisa anche da Angela Bellani, direttrice sociosanitaria di Asst Mantova, che ha ricordato come “il lavoro iniziato in questi giorni non si ferma qui: la sfida è quotidiana”.
Secondo Andrea Pinotti, direttore del Dipartimento di salute mentale e dipendenze, oggi i disturbi psichici si manifestano in età sempre più precoce e si intrecciano con un contesto sociale segnato da fragilità nuove e diffusi narcisismi.
“L’aggressività – ha spiegato Deborah Bussolotti, direttrice di Psichiatria 1 – è spesso l’altra faccia della passività. Quando come comunità smettiamo di reagire, la violenza diventa normale”.
I dati emersi parlano chiaro: crescono i minori seguiti dai servizi di tutela, passati da 764 a 841 in due anni, e aumentano anche i nuovi casi di disagio intercettati nelle scuole e nei centri territoriali. Un fenomeno che Mantova prova ad affrontare con progetti concreti.
Generazioni a confronto
Nel distretto sanitario cittadino è in corso la sperimentazione “Generazioni a confronto”, nata per ricucire il legame tra scuola e servizi sociali.
“Abbiamo coinvolto 275 insegnanti, che ogni giorno annotano segnali di disagio nei loro studenti”, spiega Barbara Dal Dosso, responsabile del servizio Tutela minori. “Quando qualcosa non torna, si attiva subito la rete di sostegno: genitori, docenti e operatori si incontrano nei laboratori di confronto, dove spesso emergono situazioni familiari fragili o silenzi che pesano”.
Fondamentale anche il ruolo del Centro per le Famiglie di Valletta Valsecchi, che dal 2018 ha accolto oltre 5mila persone e collabora con 40 partner del territorio.
“Il nostro obiettivo – ricorda l’assessora Chiara Sortino – è intercettare i segnali di difficoltà prima che si trasformino in violenza o bullismo”. Lo sportello “Psicologo in Comune” ha invece seguito più di 200 cittadini in due anni, per un totale di 800 colloqui.
Sul fronte sanitario, la neuropsichiatria infantile segnala un forte aumento dei casi complessi:
“Negli ultimi mesi – ha dichiarato la direttrice Giovanna Olioso – abbiamo visto 255 adolescenti con problemi psichiatrici e oltre mille con disturbi del neurosviluppo”. Disturbi che, come ha ricordato la neuropsichiatra Laura Lecca, “possono compromettere il senso di sé e favorire comportamenti a rischio se non vengono riconosciuti in tempo”.
Il ruolo della comunità
Per gli esperti mantovani, la risposta non può essere solo clinica: serve una rete comunitaria che unisca scuole, famiglie e istituzioni.
“Non possiamo inseguire i sintomi che la società produce – ha osservato Fiorenza Milano del Gruppo di psicoanalisi operativa – ma imparare a leggerli insieme, costruendo benessere mentale di comunità”.
Un messaggio chiaro, che dal Bibiena rimbalza in tutta la provincia: la prevenzione passa dalla collaborazione, e la salute mentale non è più un tema di nicchia, ma una questione collettiva.