CRONACA

Arruolava giovani aspiranti terroristi islamici: arrestato un 37enne

Le indagini partite da Brescia e Genova: su cellulare e computer chiari riferimenti a jihad, martirio e lotta armata

Arruolava giovani aspiranti terroristi islamici: arrestato un 37enne

La Polizia di Stato ha arrestato un 37enne originario di Bangladesh residente a Mantova: arruolava aspiranti terroristi islamici.

Arruolava aspiranti terroristi: arrestato 37enne

All’alba di oggi, martedì 9 settembre 2025, la Polizia di Stato, al termine di una complessa attività d’indagine coordinata dalla Procura Distrettuale di Brescia, ha eseguito una misura di custodia cautelare agli arresti domiciliari ristretti disposta dal Gip presso il Tribunale di Brescia nei confronti di un 37enne cittadino del Bangladesh residente in provincia di Mantova, ritenuto responsabile del compimento di attività di arruolamento per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo di matrice islamica.

Una raffigurazione nella stanza del 37enne tratto in arresto (ai domiciliari)
Una raffigurazione nella stanza del 37enne tratto in arresto (ai domiciliari)

L’attività investigativa, condotta dalle Digos di Brescia e di Genova, con la collaborazione della Digos di Mantova, coordinate dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, discende dalle articolate evidenze investigative emerse dall’analisi del dispositivo dell’indagato effettuata dalla Digos di Genova nel contesto di altra attività di indagine, culminata nella recente condanna in via definitiva di un giovane per il delitto di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo, segnatamente l’associazione terroristica “Tehrik e Taliban Pakistan (Tpp)”, ramificazione di Al Qaeda.

Le “lezioni” sulla “causa” della jihad

In particolare, grazie alle evidenze investigative, si è rilevato come tale giovane fosse stato indottrinato proprio dall’indagato residente nel Mantovano, che ha carpito la fiducia, interessandosi della sua storia personale, della sua fede e della sua cultura in materia.

Nonostante il ragazzo gli avesse confessato di non avere frequentato una scuola coranica ma di leggere testi dello scrittore Ali Jaber al Fayfi (già attivista di Al Qaeda), l’indagato gli assicurava di disporre di tanti “libri religiosi” per i ragazzi giovani, offrendosi di spedirglieli.

In tal modo, l’indagato teneva fede alla sua promessa di istruire, formare e perfezionare il giovane nello studio e nella pratica della dottrina jihadista, e il giovane finiva per diventare e riconoscersi quale suo “allievo”. Il maestro, infatti, concentrava gli argomenti di discussione sulla “causa” del jihad con numerosi riferimenti ad attivisti qaedisti o autori progenitori del pensiero dello Stato Islamico (fra cui Sayyid Qutb Ibrahim Husayn al-Shadhili, considerato un ideologo e martire del radicalismo islamico).

Un momento durante le perquisizioni operate dalla polizia
Un momento durante le perquisizioni operate dalla polizia

Adesione all’Islam più radicale

Dall’analisi della copia forense dello smartphone dell’indagato, è emerso l’interesse del predetto verso video contenenti tecniche operative di addestramento militare (posizioni a fuoco con arma lunga; transizione da arma lunga ad arma corta; 1’avanzamento in copertura tattica). Tali evidenze, oltre al possesso di numeroso materiale d’area, appaiono dimostrative – unitamente alla attività di insegnamento, proselitismo e “profetizzazione” dei giovani allievi, dell’adesione dell’indagato all’Islam più radicale, che pratica e propugna l’inscindibile compenetrazione fra fede e lotta armata, anche a discapito di civili infedeli, come mezzo per l’imposizione di questa religione sulle altre; ciò sino al martirio personale, raggiunto al culmine di un antagonismo che si infiltra nelle maglie della società occidentale, per distruggerla dal suo interno, operando la cosiddetta “taqiyya”.

Nel contesto, con il concorso operativo anche della Digos di Venezia, sono state eseguite due perquisizioni nei confronti di soggetti che hanno intrattenuto rapporti qualificati con l’indagato.