Tra storia e mistero: l'antica zanna di Narvalo a Palazzo Ducale
Giunta da pichi giorni nella struttura museale: è già visibile al pubblico
Il reperto da sempre è appartenuto alla famiglia Gonzaga.
Unicorno o narvalo? Tra scienza e credenze
Finalmente è giunto. Fino alla metà del Seicento del narvalo - cetaceo dei mari del nord - non si sospettava l’esistenza, quantomeno in Italia, e la sua lunga zanna che si avvita come un cavatappi passava per essere il corno del misterioso e mitologico unicorno.
Nel corso del tempo il corno divenne anche sinonimo di potere. Il “Trono della Consacrazione” dei reali di Danimarca, nel Castello di Rosenborg a Copenaghen, è costruito in gran parte utilizzando questi corni. Essi non potevano mancare neppure nelle corti rinascimentali italiane. Isabella d’Este esibiva nella sua Grotta «una corna di alicorno longa palmi sette e mezo, la quale è posta sopra l’armarii, suso duoi rampini torti de fuora via» e questo corno era stimato il più bello in Europa, assieme all’esemplare in possesso di re Sigismondo di Polonia.
Tre rappresentazioni a Palazzo Ducale
A Palazzo Ducale a Mantova si trovano almeno tre rappresentazioni di unicorno: un affresco nel camerino degli Uccelli, in Corte Nuova, databile al 1570 circa; nello stemma della famiglia Petrozzani, sulla campana esafinestrata datata 1593 (corridoio di Santa Barbara) e nell’Età dell’Oro di Sante Peranda, dei primi del Seicento, ora nella sala del Labirinto.
La scoperta: l'unicorno non esiste
Fu nel corso del Seicento che l’oggetto perse progressivamente il suo valore mitico. Il medico danese Olaus Worm spezzò l’incantesimo nel 1655, seguito poi da altri studiosi: gli unicorni non esistono. Si tratta invece del dente del narvalo, un cetaceo che abita i mari del Nord e i cui esemplari maschi possiedono un dente che fuoriesce dal labbro superiore per formare una zanna della lunghezza anche superiore ai due metri.
Queste zanne erano rinvenute spiaggiate sui litorali nordici, di solito senza teschio e carcassa dell’animale, il narvalo. Era quindi incomprensibile la sua origine e questo accresceva il suo valore. Secondo Ambroise Paré, medico del re di Francia, l’unicorno valeva più dell’oro (1582).
Alcune rappresentazioni dell'unicorno in varie città europee
Da sempre nella collezione gonzaghesca
Il corno di unicorno, in ogni caso, più volte ammirato e studiato nel corso del Cinquecento e del primo Seicento, era uno dei maggiori vanti della collezione gonzaghesca, ora di nuovo visibile a Palazzo Ducale: la zanna, arrivata pochi giorni fa e già inserita nel percorso di visita del museo, è giunta dopo un lungo viaggio, con tanto di certificati che attestano come l’oggetto non derivi da caccia illecita.