Maxi blitz contro la ‘Ndrangheta: 334 persone indagate

Diversi gli arresti effettuati anche in Lombardia.

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Questa mattina i carabinieri del R.O.S. e il Comando Provinciale Carabinieri di Vibo Valentia, con il supporto dei Comandi Provinciali, di personale del G.I.S, del 1° Reggimento Paracadutisti Tuscania, del NAS, del TPC, dei quattro Squadroni Eliportati Cacciatori e dell’8° Elinucleo CC hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia nei confronti di 334 indagati.

‘Ndrangheta, scatta il maxi blitz

I coinvolti nell’operazione “Scott-Rinascita” sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, detenzione di armi, traffico di stupefacenti, truffe, turbativa d’asta, traffico di influenze e corruzione. Dei 334 indagati sottoposti alla misura cautelare, 260 sono stati ristretti in carcere, 70 agli arresti domiciliari e 4 sottoposti al divieto di dimora.
I provvedimenti cautelari sono stati eseguiti in Calabria e in varie province della Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia, Puglia, Campania, Basilicata, nonché in Svizzera, Germania e Bulgaria.
Nella stessa giornata si è data esecuzione anche a un decreto di sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro.

Le indagini

I provvedimenti scaturiscono da un’articolata attività investigativa condotta dal Raggruppamento e dal Comando Provinciale di Vibo Valentia in direzione del contesto ‘ndranghetistico vibonese, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro.

Le indagini hanno consentito di ricostruire con completezza gli assetti di tutte le strutture di ‘ndrangheta dell’area vibonese e fornito un’ulteriore conferma dell’unitarietà della ‘ndrangheta, al cui interno le strutture territoriali (locali/ ‘ndrine) godono di un’ampia autonomia operativa, seppur nella comunanza delle regole e nel riconoscimento dell’autorità del Crimine di Polsi. E’ stata documentata l’esistenza di strutture quali società, locali e ‘ndrine, in grado di controllare il territorio di riferimento e di gestirvi capillarmente ogni attività lecita o illecita; lo sviluppo di dialettiche inerenti alle regole associative, nello specifico, sulla legittimità della concessione di doti ad affiliati detenuti e sui connessi adempimenti formali; l’utilizzo di tradizionali ritualità per l’affiliazione e per il conferimento delle doti della società maggiore, attestato dal sequestro di alcuni pizzini riportanti le copiate e l’operatività di una struttura provinciale – il crimine della provincia di Vibo Valentia – con compiti di coordinamento delle articolazioni territoriali e di collegamento con la provincia di Reggio Calabria e il crimine di Polsi, quale vertice assoluto della ‘ndrangheta unitaria.

A capo della citata struttura si sono alternati, negli anni, esponenti della cosca Mancuso, quali Giuseppe Mancuso (classe 1949), Pantaleone Mancuso (classe 1961) e, da ultimo, Luigi Mancuso (classe 1954), che proprio in tale ruolo di vertice ha governato gli assetti mafiosi della provincia, riuscendo anche a ricomporre le fibrillazioni registrate negli anni tra le varie consorterie.

Gli arresti a Bergamo

In particolare in Provincia di Bergamo, sono state eseguite tre ordinanze di custodia cautelare in carcere.
La prima a carico di B.A., 1951, di Grassobbio, residente a Bergamo, imprenditore in pensione, imputato per reati di riciclaggio e associazione mafiosa in concorso con soggetti appartenenti alla cosca Mancuso, quale collettore del denaro di derivazione illecita messo a disposizione da referenti dell’organizzazione mafiosa. B.A. aveva eseguito nel 2004 per loro conto una transazione dell’importo di 3 milioni e 200 mila euro, per consentire a M. Ennio Alessio classe 1937, di riacquistare all’asta, attraverso l’operato di una società fiduciaria del Principato del Liechtenstein, una struttura alberghiera di San Giovanni Rotondo (FG), fallita nel 2003 e formalmente riconducibile al fratello di M.

La seconda, invece, a carico di M.N, 1970, residente a Sedrina (BG), imprenditore, imputato per i reati di furto e associazione mafiosa, per aver partecipato con compiti esecutivi all’associazione mafiosa. Lo stesso è coinvolto in un vasto traffico illecito di capi di bestiame, rinvenuti nel 2016 nei suoi terreni a Zungri (VV), dove aveva ricevuto e nascosto diversi capi di bestiame oggetto di smarrimento o furto, al fine di agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa.

La terza, infine, a carico di R.G., 1959, di Briatico (attualmente detenuto nel carcere di Bergamo), disoccupato, per reati di associazione mafiosa, porto abusivo di armi, perché dopo aver ferito con un colpo di pistola un uomo, aveva nascosto l’arma utilizzata a Briatico il 17 agosto 2016.

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